CENTO ANNI FA
Il 20 maggio 1924 il podestà Mario Lombardi e la Giunta municipale deliberarono di conferire la cittadinanza onoraria di Roncadelle a Benito Mussolini. In quel periodo quasi tutti i Comuni italiani presero questa decisione aderendo ad una direttiva nazionale derivata dall’iniziativa del Comune di Roma di dare la cittadinanza onoraria al Presidente del Consiglio e “grande Duce”. Mussolini aveva appena vinto le elezioni politiche del 7 aprile segnate da violenze e brogli, che Giacomo Matteotti osò denunciare e per questo, poche settimane dopo, venne assassinato.
La cittadinanza onoraria è un titolo concesso per testimoniare la vicinanza e la riconoscenza di una comunità ad una persona per ciò che ha fatto e per i valori esemplari che l’hanno ispirata, come è avvenuto negli anni più recenti da parte del nostro Comune nei confronti di suor Brigida, di don Amilcare, dei missionari all’estero che la nostra comunità (tramite il Gruppo Missionario locale) sostiene. Benito Mussolini rispondeva a tali requisiti?
La cittadinanza onoraria si può anche revocare in caso di indegnità. Occorre allora chiedersi se un personaggio giunto al potere dopo tre anni di violenza squadrista (esercitata anche a Roncadelle), che ha soppresso le libertà democratiche, che ha condotto il Paese in avventure coloniali fatte di crimini di guerra e deportazioni, che ha promulgato leggi razziali, che ha schierato l’Italia al fianco della Germania nazista in una guerra catastrofica, sia da ritenere ancora degno dell’onorificenza conferitagli, tanto più da un Comune che ha dato un contributo alla Resistenza.
La revoca (già effettuata da decine di Comuni italiani) è ritenuta da molti un atto inutile, perché non si può cancellare la storia. Certo, quelle pagine di storia, per quanto drammatiche, restano. Ma forse un gesto di chiarezza, richiamando i valori della nostra Costituzione e la lotta dei nostri martiri per la libertà, può esprimere un prezioso significato simbolico, morale ed educativo.