IL ROMANINO A RONCADELLE

Lunedì, 31 Marzo, 2025 - 10:30
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Segreteria
Data pubblicazione: 
Lunedì, 31 Marzo, 2025
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Aveva più di quarant’anni quando venne a Roncadelle ad affrescare la chiesetta di san Bernardino. A quel tempo Girolamo da Romano, detto “Romanino”, era un pittore molto noto a Brescia e richiesto anche in altre città. La sua bottega costituiva un riferimento sicuro per gli apprendisti pittori, alcuni dei quali stavano acquistando una certa fama in Lombardia. Il suo stile, definito poi “dialettale”, andava già manifestando quella profonda inquietudine e quella fierezza sanguigna e istintiva che lo caratterizzò e che lo rende ancora vivo e attuale. Il pittore aveva buoni rapporti con i Porcellaga, sia con Bartolomeo, che gli fece affrescare il nuovo palazzo di famiglia a Brescia (ora in via Cairoli n. 5), sia con i signori di Roncadelle, dai quali aveva ottenuto in affitto un “cortivo a Cobiato” con un brolo di circa due piò. E furono questi a chiedergli di affrescare la chiesetta di san Bernardino, di cui avevano appena acquistato il giuspatronato e destinata a diventare il principale riferimento religioso della comunità roncadellese. Non sappiamo se sia stato Gian Francesco (morto nel 1527) o il figlio Galeazzo a concordare con lui il lavoro da eseguire; sappiamo però che Galeazzo nel 1534 si dichiarò debitore di 138 lire e 3 soldi nei confronti del Romanino. Si tratta di una cifra piuttosto consistente (basti pensare che per affrescare tutta la chiesa di Pisogne, nello stesso periodo, pattuì un compenso di 150 lire). Evidentemente il Romanino non realizzò solo la pala d’altare, ma anche altri lavori, di cui non è rimasta traccia. Il dipinto, che rappresenta quattro Santi ai piedi della Madonna col Bambino, è comunque l’unico affresco romaniniano rimasto nella chiesa. Strappato dalla parete originaria nel 1962 per salvarlo da sicura distruzione, l’affresco (ora posto sul primo altare laterale di destra) funse da pala dell’altare maggiore fino all’ampliamento della chiesa alla fine del Seicento. Le due figure ai lati, san Rocco e san Sebastiano (le stesse che il Romanino aveva ritratto nella cappella di san Rocco a Villongo) rappresentano la devozione popolare contro le frequenti pestilenze; in primo piano sono invece raffigurati san Bernardino, patrono locale, e san Domenico, particolarmente caro ai committenti. L’attribuzione dell’affresco al Romanino è ormai generalmente accettata dagli esperti, soprattutto per le concordanze stilistiche con altre opere del pittore. Più controversa è invece la paternità della tela della “Natività”, conservata sopra il terzo altare laterale di destra. Questa tela infatti, pur recando l’inconfondibile impronta del Romanino, è sempre stata inserita con qualche perplessità nel catalogo delle sue opere. E alcuni critici vi hanno ravvisato la mano di Francesco Prata, un pittore di Caravaggio, che frequentò a fasi alterne la bottega del Romanino e utilizzò alcuni disegni del maestro: “L’adorazione dei pastori” nella chiesa di Bedulita (BG) eseguita dal Prata ricalca infatti, con qualche variante, lo stesso disegno del dipinto di Roncadelle. Il Romanino venne ancora a Roncadelle circa trent’anni dopo, ormai vecchio, per affrescare alcune stanze del castello “a mattina”, come risulta dai registri contabili dei Porcellaga, anche se tali dipinti rimangono avvolti nel mistero: sono andati probabilmente distrutti con il rifacimento dell’ala orientale del castello alla fine del ‘600. Il Romanino, grazie anche al mecenatismo dei Porcellaga, fu quindi protagonista del “rinascimento” locale, cui diede un forte impulso e un alto profilo artistico. E per questo merita di essere ricordato.