VICINIA
La vicinia era l’assemblea dei capifamiglia originari (ossia residenti in loco da tempi immemorabili o da almeno 50 anni), che si occupava dei beni collettivi e dei problemi della comunità locale.
Il più antico riferimento documentario alla vicinia di Roncadelle è una pergamena del 15 maggio 1306, in cui i vicini, riuniti nella piazza presso l’antica chiesa di S. Giulia, manifestarono l’esigenza di un sacerdote permanente e si obbligarono a versare annualmente per il suo sostentamento sei lire imperiali, cinque some di frumento, due plaustra di vino e tre sestari di legume, riservando alla badessa del monastero (v.) la facoltà di accrescere il contributo.
La vicinia doveva essersi costituita da poco tempo, visto che nei decenni precedenti gli abitanti di Roncadelle erano stati esentati dai lavori di riparazione degli argini, del ponte e delle strade perché considerati “famigli” di S. Giulia e non erano né “universitas nec communitas”.
La deliberazione del 1306 manifesta chiaramente non solo una crescita demografica locale e un certo sviluppo economico, ma anche una nuova coscienza comunitaria.
Anche se non è rimasta sufficiente documentazione sull’attività della vicinia, si può presumere che essa abbia provveduto ad amministrare le poche proprietà collettive, a riscuotere le contribuzioni della comunità, a dirimere le liti tra vicini, a valutare i danni delle calamità naturali (v.), a far rispettare le antiche consuetudini sui boschi e sui pascoli demaniali. E potevano arrivare a rivendicare alcuni diritti nei confronti dei signori locali.
La scarsità di documenti relativi alla vicinia non consente di seguirne in modo costante le vicende nei cinque secoli di attività. Su tale carenza, peraltro comune a molte località, hanno sicuramente pesato la mancanza di autonomia amministrativa e il dominio del castello (v.), che relegarono la vicinia ad un ruolo piuttosto marginale.
Inizialmente riservata agli agricoltori e artigiani “originari”, ossia residenti da molti anni nel paese, la vicinia venne gradualmente allargata ai “forestieri” sia perché, contribuendo al pagamento delle “taglie” previste, questi reclamavano il diritto di partecipare alle decisioni comuni, sia perché si riteneva opportuno mantenere alla vicinia un maggior grado di rappresentatività.
Le periodiche assemblee dei vicini, chiamate “vicinie”, erano tenute alla presenza di un cancelliere, che ne compilava i verbali, e venivano considerate valide quando vi intervenivano almeno i due terzi degli aventi diritto. A rappresentare la vicinia venivano eletti annualmente due sindaci e un massaro.
Anche le due Confraternite (v.) religiose locali eleggevano ogni due anni i propri rappresentanti e poteva accadere che venissero eletti a tale compito anche i rappresentanti della vicinia, con conseguente confusione di ruoli. Il problema venne sollevato nel 1767 dai reggenti della Scuola del Ss. Sacramento, che chiesero al provveditore di Brescia di rendere incompatibile per statuto la doppia carica, poiché “l’unione accidentale della carica di Sindaco della Vicinia ed insieme della Scuola del Venerabile in una stessa materiale persona ha dato motivo a confondersi l’incombenze, sicché all’esecuzione de’ Pubblici Ordini sono preposteramente chiamati li Presidente e Sindachi della Scuola, invece dei Sindachi della Vicinia”.
Sempre più svuotata delle sue antiche prerogative, la vicinia rimase formalmente in vigore fino a quando Roncadelle conseguì l’autonomia amministrativa costituendosi in Comune (v.).